C'è chi lo dice da anni con aria sapiente davanti al frigo: "La pasta del giorno dopo è sempre più buona!". E per una volta, la saggezza popolare ha anche basi scientifiche.
Sì, perché quello che succede nella tua ciotola di fusilli avanzati non è solo nostalgia da cena in famiglia: è chimica, ed è anche un piccolo regalo per il tuo intestino.
La magia dell’amido retrogradato
Quando cuoci la pasta, gli amidi si ammorbidiscono e diventano più digeribili (e sì, anche più zuccherini). Ma se quella stessa pasta la fai raffreddare e poi la rimangi, magari il giorno dopo, magari tiepida, quegli amidi cambiano forma: si “retrogradano”.
Che significa? Diventano amidi resistenti, una specie di fibra solubile che resiste alla digestione e arriva quasi intatta all’intestino, dove viene accolta come cibo preferito dal tuo microbiota. In parole povere: meno zuccheri assorbiti, più nutrimento per i batteri buoni.
Effetto collaterale: meno gonfiore, più leggerezza
Per chi ha un intestino sensibile o segue una dieta low FODMAP, questa trasformazione è oro.
I cibi ricchi di amido retrogradato tendono a fermentare meno e ad avere un impatto più gentile sulla pancia, aiutando il transito intestinale senza scatenare crampi, gonfiore o effetti collaterali degni di una sitcom.
E no, non è solo la pasta: lo stesso vale per riso, patate, persino i legumi (ben cotti, please).
Il segreto è semplice: raffredda, conserva, riscalda leggermente… e ringrazia.
Buono ieri, meglio oggi
Quindi sì, puoi mangiare la pasta del giorno prima anche con un po’ di orgoglio scientifico.
Perché non è solo una scelta comoda o un colpo di fortuna: è una piccola strategia per volerti bene, dal piatto alla pancia.
L’intestino felice, dopotutto, passa anche da gesti semplici, come scaldare due rigatoni in padella.